
L’infertilità è una condizione che interessa circa il 15% delle coppie.
Nel 15% dei casi di infertilità maschile e nel 10% di infertilità femminile, la causa è di natura genetica e può essere una mutazione del DNA o un’alterazione strutturale e/o numerica dei cromosomi. Va considerato che questi valori potrebbero essere sottostimati se si tiene conto che molti casi di infertilità idiopatica potrebbero essere causati da fattori genetici non ancora noti.
I test genetici sono analisi di laboratorio su geni specifici o tratti di essi per individuare o escludere la presenza di alterazioni del DNA o dei cromosomi associati ad una determinata patologia o sintomatologia. Per l’infertilità non esiste uno specifico gene-malattia ed occorre quindi indagare diversi geni per determinare la causa dell’infertilità che, per questa ragione, è definita una condizione geneticamente eterogenea.
Nel caso d’infertilità maschile sono applicabili e maggiormente richieste le analisi di:
- Cariotipo, per verificare la presenza del corretto numero dei cromosomi ed individuare eventuali traslocazioni bilanciate o sbilanciate. Nei soggetti infertili l’incidenza di alterazioni cromosomiche è compresa tra il 2 e l’8% ed aumenta fino al 15% nei soggetti azoospermici.
- Microdelezioni del cromosoma Y, per cui alcune regioni nel cromosoma Y risultano assenti. Tale indagine è indicata nei soggetti in cui l’analisi del liquido seminale rivela un’azoospermia non ostruttiva oppure in caso di oligozoospermia severa. L’incidenza di questa alterazione nei soggetti infertili è circa del 10%.
- Fibrosi cistica: mutazioni nel gene CFTR potrebbero compromettere la funzionalità riproduttiva. Nel 70-80% dei casi di azoospermia ostruttiva dovuta ad agenesia congenita bilaterale dei vasi deferenti (CBAVD) vi è una mutazione di questo gene, talvolta anche nei casi di agenesia monolaterale. L’analisi molecolare del gene CFTR consiste in un pannello di ricerca di un numero variabile di mutazioni note e in un pannello di mutazioni rare.
- Recettore degli androgeni: mutazioni nel gene che codifica per il recettore degli androgeni sono state riscontrate nel 2-3% dei soggetti azoospermici o oligozoospermici.
Nell’infertilità femminile le associazioni tra causa genetica ed effetto sono meno chiare, tuttavia le analisi più richieste sono:
- Cariotipo, per verificare la presenza del corretto numero dei cromosomi ed individuare eventuali traslocazioni bilanciate o sbilanciate. È stato osservato che le donne sottoposte a tecniche di PMA (IUI, FIVET, ICSI, IMSI, PICSI), nonostante un cariotipo normale, producono una percentuale variabile (crescente con l’avanzare dell’età) di ovociti con alterazioni cromosomiche.
- FRAXA: mutazioni (espansioni di triplette) nel gene FMR1 possono essere associate ad insufficienza ovarica prematura e oligomenorrea.
- screening trombofilico (PT, PTT, Fibrinogeno, R Proteina C attivata, gene MTHFR, fattore V e fattore II di Leiden): mutazioni in questi geni possono determinare patologie vascolari coinvolte in poliabortività o mancato impianto embrionale.
È importante sottolineare che se il partner maschile risulta portatore di fibrosi cistica, essendo questa una patologia autosomica recessiva, il partner femminile dovrà a sua volta eseguire lo screening del gene per escludere eventuali mutazioni e quindi la possibilità di trasmettere la malattia alla prole.
Ad ogni modo il genetista, in base alla storia familiare della coppia, potrà prescrivere ulteriori indagini genetiche relative a patologie presenti nella famiglia.
Va inoltre ricordato che nelle coppie in cui sia presente un rischio riproduttivo significativo (25-50%) per una specifica patologia genetica, è possibile ricorrere alla diagnosi genetica preimpianto (PGT-M, PGT-SR).